Personalmente non mi fiderei di un uomo col cappello che si aggira barcollando tra le vie della propria città

domenica, dicembre 20, 2009

Poco per volta

Poco per volta

sublimo minuscoli cambiamenti

inconsci.

Poco per volta

viene a mancare un

gesto,

come il tempo che inesorabile,

attimo per attimo

sgretola le pietre;

odierne rovine.

In un lampo

tutto è mutato.

I nostri incontri

fuggiaschi?

Poco per volta.

--Kop--

sabato, dicembre 05, 2009

Una vecchia etichetta


Arrivai al casolare per l’ora di pranzo e lui già sedeva su quella che non era una sedia a dondolo come tante. Non poggiava a terra e non aveva uno schienale che si potesse definire tale. Credo, con tutta franchezza, che quella non fosse nemmeno una sedia. Era in vimini, parsimoniosamente intrecciato a dare l’aspetto di un guscio d’uovo tagliato a mezzo. Da questo a definirla sedia ce ne passava. Per la maggior parte del tempo restava sospesa a mezz’aria nel mezzo della veranda ballonzolando al vento, come solo le spighe di grano cullate dalla mite brezza marina sapevano fare. Si trattava di un oggetto da collezione, non che valesse chissà quanti soldi, questo no, ma faceva parte di quella che mio nonno paterno chiamava la sua collezione. Collezionista. Al vecchiaccio piaceva definirsi così: un collezionista, di sogni e ricordi per giunta. A mio padre la cosa non piaceva e spesso li si sentiva litigare per quel marasma confuso di cianfrusaglie che mio nonno possedeva. Quello che mandava in bestia il mio babbo non erano gli oggetti in se, quanto le storie che su di loro raccontava e che il “vecchio malato”, come lo chiamava lui, spacciava per assolutamente vere: “ Tutte! Tutte storie che questi oggetti celano. Raccontano di sogni e speranze, di avventure e vacanze, di gioie e tragedie! Non pretendo che tu capisca, ma son cose mie e non ti deve interessare l’uso che ne faccio.” Di tutta risposta mio nonno riceveva un inutile discorso sul fatto che io non ero cosa sua e che spettava a mio padre plasmare il mio giovane essere, a lui e a mia madre ovviamente.


martedì, dicembre 01, 2009

Ispettore?

Mi svegliai leggero come una piuma. 
Mi sembrò di aleggiare nell’aria sospinto da correnti sinuose di sospiri angelici. C’era la pace intorno al mio corpo. Era la tranquillità che mi avvolgeva. Fu come se la mia anima si fosse staccata dal corpo. Leggero. Fluttuai tra le lenzuola candide e mentre volavo inspirai profondamente l’aria fresca delle prime ore del mattino che facendo danzare le tende vorticava nella stanza e mi rincuorava di belle sensazioni e di orgasmi sequenziali dal piacere infinito.
“Ma cosa?!” dissi mentre con la mano spostai le lenzuola che mi coccolavano. 
Piacevole fino a quando non presi coscienza di quello che con tanto stupore andai a toccare. Una sostanza densa, a tratti grumosa e viscosa. Piuttosto appiccicaticcia che incollava le dita tra di loro e queste alle lenzuola. Estrassi la mano da sotto le lenzuola, mentre il mio aleggiare fluttuoso si tramutò in angosciante stasi, fermo immobile a mezz’aria. Lo stomaco fece per chiudersi e l’ombra di un peso si posizionò sopra le mie membra. 
“Cosa diavolo...” Quando i miei occhi incrociarono le dita quello che videro non fu il rosa carnale della pelle, ma il rosso acceso del sangue umano.