Personalmente non mi fiderei di un uomo col cappello che si aggira barcollando tra le vie della propria città

lunedì, novembre 30, 2009

Capitolo2: Amore e odio



Una domanda: quanto impatto emotivo ha vedere un ragazzo andicappato costretto in carrozzina che si alza con immane forza da quella che è la sua sedia da viaggio per la vita, per andare al bagno? Le gambe gli tremano e le braccia non sono certo più forti. Si appoggia al muro e a fatica avanza in quel luogo che Vespasiano fece suo mentre lo sguardo vaga all’impazzata alla ricerca di sguardi giudici che mai e poi mai sarà in grado di contrastare. Mi trova.
Dopo decine di eterni minuti la scena si ripete, ma questa volta al contrario fino a che sfinito, esanime e fottutamente triste si lascia andare tra le braccia della sua compagna, l’inseparabile sedia a rotelle. Per gli amanti dell’alta velocità sono costretto a fare una precisione: sedia a rotelle a motore, batteria al litio da 72h di durata, copertoni posteriori da enduro, comando joypad e carenatura blu mare.
Quanto vi rende tristi tutto questo? Quanto piangete per lui?
Niente che un paio di cosce con le calze come cappotto che fanno capolino da una gonna vertiginosa non possa cancellare. Questo non lo capisco. Non ci dispiacciamo di nulla e ci avvaloriamo di piccoli momenti di felicità inguinale. Inutile negare che la donna intesa come organo riproduttivo, perchè di questo si tratta, è il motore del mondo. 
Oggi più che mai? Non penso. Ho l’impressione, per non dire l’assoluta certezza, che sia sempre stato così perchè ella ci prese una costola e invece di esserci debitrice ci ha reso, in modo così sublime, schiavi delle loro volontà. Della loro volontà. Delle loro capacità. Della loro capacità.
Ecco che l’uomo, forte della menzogna della virilità che egli stesso si è raccontato perchè il gentil sesso gli disse che se fosse stato tale, virile, costei si sarebbe concessa alle sue grazie. Il subdolo meccanismo imprigiona l’innocente cazzo pensante nella ferrea convinzione che sia lui a piegare una donna.
I tempi cambiano e la frittata resta. Mutano le uova, si aggiungono ingredienti, ma più in là di una fortaia non si arriva. Se si provasse a cambiare ingredienti una volta tanto, per esempio niente uova, magari e dico magari le cose potrebbero cambiare. A che scopo a che vantaggio non è mia intenzione saperlo anche perchè non credo si possa arrivare a sconvolgere la natura. 
L’uomo vive per fare l’amore.
L’uomo vive per fare l’amore ed è una balla colossale che sempre di più si viva per i soldi. I soldi non fanno la felicità, ma la comprano e l’amore, che me ne scusino le donzelle da lieto fine, è in vendita a prezzi ragionevoli. 
L’atto sessuale non lo si paga solo in contanti, ma in compromessi, in rinunce, in schegge di felicità, in nonsense e in cecità. Non ho la più pallida idea di quanto tempo abbia impiegato l’uomo maschio a trovare le possibilità e i vantaggi dell’amore fai da sé e di certo posso comprendere l’amarezza di non essere annoverato tra colui che ha dato vita alla più importante delle scoperte scientifiche. L’uomo eiacula senza la donna. Prima del fuoco, prima della ruota, prima dell’aratro, della moneta, dei comuni, della bussola, dell’elettricità, della stampa a caratteri mobili, del telegrafo, del telefono, della radio, della televisione, dei computer e dell’aspirabricioledatavolodelonghi. Lui che ha dato una mano all’universo maschile non sarà mai ricordato.
Quanto vi rende tristi tutto questo? Quanto piangete per lui?
Niente che un paio di cosce con le calze come cappotto che fanno capolino da una gonna vertiginosa non possa cancellare. Questo non lo capisco.
Che l’uomo eiacula senza donna è stato comprovato da tutti, più o meno quanto il fatto che perdere una diottria a ogni pippa renda cechi, però non è stato eliminato il problema principe. La donna. 
Credo che chiunque quando decide di fare l’amore a gratis immagina nella sua mente, sviluppata o meno che sia, una donna dalle fattezze perfette, almeno per chi le pensa e se questo non bastasse, se la nostra mente facesse cilecca ecco che l’industria del porno ci viene in aiuto con i suoi film in vhs da guardare coricati sul divano o i con i video scaricabili dalla rete da gustare in un monitor sopra una scrivania.
Gentil sesso. A mio parere non sono gentili, siamo loro schiavi e non possiamo ribellarci.
Un altro grande scopritore sconosciuto fu il primo omosessuale della storia. Niente di nuovo, sempre la solita frittata con l’aggiunta di peperoncino e qualche lustrino. La donna comanda, perchè se riflettete, l’omosessualità, e non ho nulla contro gli omosessuali che credo converranno con me, mette l’uomo nei panni di una donna o viceversa. 
Siamo fregati. Siamo schiavi. Prigionieri della loro capacità.
Non posso impugnare il cazzo e fare l’amore con me stesso. Non posso e non capisco. Tutto il mio ego, la mia arroganza e la mia strafottenza svendute per un buco di figa.
Le donne sono le migliori. Ci hanno lasciato il poker, punto e partita, ma a incassare i soldi son sempre loro. Scacco matto. A noi non restano che le bugie.
“Giorgio! - disse mia madre - Che stai facendo?”
“L’amore!” risposi.
“Piantala con queste cazzate e vieni a cena.”
Mia madre si premura quotidianamente di prepararmi, con l’affetto che la contraddistingue, sbobba per cena. Sono sceso e ho mangiato quell’intruglio di pasta del giorno prima in minestrone di una settimana fa solo come un cane perchè Lui rincaserà tardi e Lei ha l’orologio biologico sballato in avanti così si trova a “cenare” alle cinque del pomeriggio. La sua cena consiste in pane imbottito di avanzi, mangiati di frigo, in piedi nell’angolo della cucina. E un bicchiere di rosso. 
A farmi compagnia nemmeno il cane che se ne sta bello placido a guardare la televisione e a ridere alle stupide battute del conduttore. Sono solo in un mondo di bestie.
“Mamma?”
“Sì?”
“Mi fa cagare”.

Nel prossimo capitolo: Bugie

domenica, novembre 29, 2009

Capitolo 1: Necessità dalle quali fuggire

Giorgio. Così mi chiamo. Sono quello che il mondo odierno definisce un tardo adolescente, un fannullone, il futuro del nostro tempo, una risorsa su cui investire, un lavativo, un eccentrico, un pecorone che segue il suo gregge, un uomo senza spina dorsale che gongola coricato sugli allori, un reazionario, un ignorante, uno lettore incostante, un divoratore di musica (quella buona) e la mia preferita: “ Sei uno stupido errore. Sei il frutto di un preservativo bucato” Mia madre non scherza in fatto di insulti. Cé da dire che non erano pensieri ponderati e calcolati, ma semplici aggettivazioni sparate a mille per chiudere il discorso velocemente e da vincitrice; almeno lo credeva. Se non ricordo male quella volta la feci incazzare perchè ritornato a casa da scuola dove avevo collezionato l’ennesimo quattro, mi ero deciso a psicanalizzare la sua nuova acconciatura della quale, e mi sembra banale dirlo, andava fottutamente fiera. Le dissi la verità e cioè che il nuovo taglio non nascondeva affatto il suo essere una donna triste e frustrata, cosa per l’appunto vera, ma ne esaltava talmente tanto la gravità che se fosse scesa in strada a tarda sera e per caso si fosse decisa a fumare una sigaretta al lume del lampione, non sarebbero passati molti minuti che qualche principe azzurro on the road cercasse di caricarsela in macchina. Come sopra, non la prese bene.
Lo stato di mia madre lo potremmo pure definire psicotropo. Vive per star male e questo star male la fa stare male realmente in un circolo senza fine.
Ho un amico con un problema simile, lo chiamiamo Ciccio Bastardo. Non è bastardo, è solo ciccio, ma da fan di Austen Power quale sono, quello fu il primo nome che mi venne in mente. Ciccio, CB per gli amici, è perennemente triste e per questo mangia e ingrassa cosa che lo rende triste. Ogni tanto cerco di dirle, a mia madre non a Ciccio, che il suo problema è mentale che si porta appresso una tristezza giovanile, o che so io, che la chiude a riccio nel suo dolore e facendosi scudo di esso riceve delle attenzioni che probabilmente le sono mancate o le mancano. Purtroppo per tutti un coltello ferisce più delle parole così mi vidi costretto a scappare di casa evitando il set completo di coltelli dello chef Toni.  
La sua delusione di donna non credo venga da quello che comunemente viene definito mio padre seppure non riesca a capire come facciano a stare insieme a ventidue anni dal fatale sì. A modo loro si amano, ma ho visto mantidi religiose dimostrare più affetto.
Niente fratelli. Ho un cane: Penny, la mia sorellina. Niente sorelle se vi fosse venuto il dubbio. Mia sorella è un Fox terrier pelo corto e all’anagrafe canina risulta scritta col nome di Penelope. Per ovvie ragioni si è rifiutata di apprenderlo e dopo mesi di intensa frustrazione che definirei reciproca, si è scesi a patti stipulando Penny come ultima offerta.
Ho sempre fatto notare, anche quando non mi veniva chiesto, di aver scelto io quel cane e di aver lasciato l’onore del nome a mia madre.
Posso leggere nelle vostre menti un certo dubbio amletico che vi attanaglia e che molto probabilmente se non vi venisse svelato vi rovinerebbe il sonno quindi no, il vecchio cé, è ancora tra noi e vive con me e mia madre. So che a volte parlo così freneticamente e velocemente che ai più possono sfuggire particolari importanti e per chiarezza ripeterò che il vecchio, mio padre, alloggia ancora con noi. Loro non hanno problemi, l’ho già detto; si amano.
Lui, comunque, è quello che porta a casa la pagnotta più sostanziosa. Fa qualche cosa che ha a che fare con le vendite di prodotti che non sono suoi, ma che in sostanza è come se lo fossero. E’ un lavoro che credo gli piaccia più di qualsiasi altra cosa. Come padre è un buon padre e nel suo lavoro è imbattibile. Gli sotterrerà tutti quegli stronzi. 
Gli stronzi sono quelli che mi piace definire tali perchè sparlano, camuffano, rubano agli altri, si bulleggiano della propria posizione e non capiscono il potenziale di mio padre. Sono una categoria vastissima di persone e più o meno spaziano dai suoi genitori, in primis la madre alias mia nonna, fino ai datori di lavoro e colleghi, nonché soci. 
Io lo definisco un genio del mercato. Essere i migliori nel proprio campo comporta anche svantaggi non indifferenti come la sua sveglia che puntuale suona ogni mattina alle cinque. Rivedrà il letto alle undici e mezza di notte. A giorni anche all’una. Nonostante tutto  ho sempre pensato che fosse un padre presente e forse ne dovrei fare una accurata rivalutazione, ma la mia stima nei suo confronti mi acceca.
Sono uno studente, non lavoro e per come stanno andando le cose è probabile che non lavorerò mai; non in Italia almeno. Faccio l’università. Dove, da quando, che corso e perchè non sono cose che vi devono interessare. Forse vi sembrerò un po’ arrogante e a tratti sfacciato, ma sono qui per scoprire insieme a voi chi sono. Qui, che più precisamente è un bar molto carino con i muri colorati di giallo ocra e le sedie e i tavoli di un verde acceso. Qui che per l’esattezza è il mio mondo e che come tale non riesco a decifrare e voglio ragionare su i nodi di questa matassa ingarbugliata per trovare qualche cosa che mi possa spiegare la mia ragione di vivere. Posso sembrare emotivamente forte, ma nascondo un giovane in piena crisi di valori. Noi non siamo noi e quello che facciamo, le scelte che prendiamo non ci competono in prima persona, ma sono il frutto di influenze passate che si compenetrano e che determinano il nostro essere attuale. Essere attuale che è in continua mutazione e con il quale non siamo in grado di reggere il passo dei cambiamenti. Ci troviamo allora stravolti dagli eventi e dalle nostre stesse scelte che inizialmente ci hanno soddisfatto e resi felici e che ora pretendono il prezzo del biglietto. Siamo uno spettacolo a pagamento, siamo le bestie del circo, la punta di diamante dello show e come tale sfruttati e sottopagati.
Ecco la mia cioccolata calda, fumante, al gusto di arancia e cannella.
Ho scelto questo bar dopo circa tre ore che camminavo per le vie della città. Tre ore nelle quali mi sono divertito a osservare la gente, il loro correre frenetico alla ricerca dei primi regali natalizi, i bambini che strattonavano i genitori portandoseli a spasso come se questi fossero i cani e loro i padroni, ho ascoltato i suonatori di strada, violinisti, chitarristi e quelli con le fisarmoniche. Ho appreso la loro gioia e il loro dolore, la tristezza della vita che hanno vissuto e la speranza che un giorno possa cambiare. 
Mi sono immerso in quel fiume di gente che correva all’impazzata di qua e di là e che parlava e parlava e mi sentivo vivo. Poi, di colpo ne ho avuto a sufficienza e ho cercato un bar nel quale rinchiudermi e leggere un po’. Cercare un bar libero è stata un’impresa più ardua di quel che mi aspettassi, ma alla fine l’ho trovato ed ora mi gusto la pace di questo antro fuori dal mondo. Nella stanza con me ci sono due ragazze e un ragazzo tutti presi a svolgere i loro affari. Ho ordinato una cioccolata alla cameriera che tanto gentilmente mi ha proposto la vasta scelta di cioccolate calde. 
“Arancia e cannella.”
“Ottima scelta”
“Grazie” e sorrisino compiacente.
Non riesco a capire come mai abbia costante bisogno delle persone e poi debba fuggire da loro e stare con me stesso o pochi intimi sconosciuti. Mi capita spesso; il nostro è un rapporto di amore e odio. 
Non sopporto molte cose delle persone, o per lo meno di quelle della mia epoca, come la loro continua necessità di ispirarsi a qualcuno e usarlo come stampino con il quale plasmare la loro personalità. Non abbiamo una personalità che si basa sulla nostra volontà; come ve lo devo dire?
Per questi motivi odio i super eroi nonostante quotidianamente implora inutilmente chicchessia per avere alcuni dei loro superpoteri, e senza delusione mi consolo con l'ingegno. La mente umana è in grado di sopperire alle carenze del fisico e dei sogni. La mente umana è la speranza dei bassi fondi del mondo per bene che a poco a poco sta scomparendo sotto i nostri piedi. Una delle cose che maggiormente non digerisco del comportamento degli eroi è la loro voglia inesauribile di fare del bene a persone che, spesso, non se lo sarebbero meritate. Inoltre è odioso il fatto che l'opinione pubblica tralasci l'importante e per loro sottovalutabile concetto che il salvato è un criminale e ci si fa beffa di tutto questo festeggiando il miracolo e l'incredibile fortuna di avere un supereroe. Morale: il loro è solo egoismo. Sono felici per loro stessi perchè domani, ancora una volta non moriranno lasciando il fato a bocca asciutta.

Nel prossimo capitolo: Amore e Odio

sabato, novembre 28, 2009

Il Grande Blu

Il Grande Blu

Premessa 1: PROLOGO
Molte storie cominciano con “c’era una volta…” Molte, ma non la nostra. Né c’era una volta né principesse in pericolo e principi azzurri dal bacio facile. Ciononostante è una storia a tutti gli effetti e come tale ha dei personaggi che interagendo tra loro danno origine allo svolgere dei fatti.
 Premessa 2: I PERSONAGGI
-         Barbossa: affascinante capitano di una delle più veloci e spietate navi pirata del mondo conosciuto;
-         Sparrow: capitano della medesima nave;
-         Pinguino: non abbiamo informazioni certe su chi possa essere;
-         Giglipaf: non abbiamo informazioni certe su chi possa essere;
-         Gig-Nikko:non abbiamo informazioni certe su chi possa essere;
-         Otto: sappiamo chi é;
-         Pippainbocca: girano voci su chi possa essere
-         Pussyotherside: a volte, molte cose sarebbe meglio non saperle;
-         Pussyontheroad: tutti e soprattutto gli interessati si stanno chiedendo dove sia;
! Il racconto potrebbe presentare nomi no citati nell’elenco sovrastante perchè ininfluenti allo svolgere dei fatti
 Premessa 3: IL LINGUAGGIO
La storia verrà narrata utilizzando un particolare linguaggio che a una prima lettura potrebbe creare nel lettore un certo senso di spaesamento. Significante e significato potrebbero non coincidere. Per non venire meno alle esigenze del lettore è stata stilata una lista di parole e/o modi di dire seguiti dai rispettivi significati.

-         profondo rosso:
-         ventimila leghe sotto i mari:
-         scrigno di Davy Jones:
-         lecca-lecca:
-         bonus:
-         biglietti per Baby Gardaland:
-         vascello e/o nave:
-         grog:
! Nota aggiuntiva: Nelle precedenti edizioni sono pervenute in redazione numerose lettere di protesta in quanto sembrava non venissero riportati i significati delle parole sopra indicate. Dopo un’analisi dettagliata scoprimmo trattarsi di un tragico errore di stampa che coinvolse qualche centinaio di copie. Cogliamo l’occasione per porgere le più sentite scuse e garantire che simili errori non verranno ripetuti mai più.

I FATTI:

La donna lo impugna forte e se lo trascina giù dal palco. I vecchi stanno seduti sui tronchi, bevono birra e gettano sassi sui gabinetti portatili,quelli dove pisciano le donne. Gli uomini pisciano dovunque. Ormai il parcheggio è tappezzato di lattine di birra schiacciate. Al’interno del Rock Creek Lodge, alcune donne strisciano sotto la statua di un toro a grandezza naturale, per il rito scaramantico di baciargli lo scroto. Su un sentiero di terra battuta che scorre accanto alle recinzioni, i motociclisti si sfidano a mordi palle. Seduta sul retro di ogni moto c’è una donna che deve addentare un testicolo di toro appeso, strappandone via un boccone mentre il pilota percorre il circuito.  Rewind.

Fu una notte buia e tempestosa, gli oceani ribollivano attraversati da immensi uragani mentre creature di ogni genere lottavano tra loro, arrabbiate, annoiate, affamate; bestie che ormai si stavano abituando alla presenza del veliero più truce del mondo, il cui timone era saldamente impugnato dal funesto Barbossa
Quella notte qualcosa andò irrimediabilmente storto. Tutti, tranne il capitano, furono spazzati a mare lasciandolo solo col suo veliero, in balia degli eventi. 
 Cessata la tempesta Barbossa si mise sulla rotta del grande blu dove sapeva di poter trovare qualcuno in grado di aiutarlo nella sua affannosa ricerca.  
Il Grande Blu fu proprio come se lo aspettava. Vivo! Vivo come un formicaio d’estate: pirati della peggior specie, nobildonne e nobili uomini si muovevano con apparente casualità, cullati da sana musica popolare e da qualche bel boccale di grog della peggior specie. Messo all’ancora il veliero, Barbossa si diresse nel centro dell’affollato paese dove si imbatté in due vecchie conoscenze, al seguito: Morgan, direttore musicale su navi pirate e Fishman,un uomo pesce dei bassi borghi. Se ne stavano seduti al bancone del bar a sorseggiare cervello di scimmia e come sempre erano già nel profondo rosso
Ta un sorso e l’altro si narrarono le loro avventura marine, e tra queste, una narrava di una bestia feroce, crestata e di un’altra altrettanto pericolosa dagli imprevedibili peli anali. 
Il tempo trascorre inesorabile mangiando secondi, minuti e ore. 
I tre, ormai ventimila leghe sotto i mari non si curarono delle loro preoccupazioni, quanto più delle puttanelle della baia. 
 Barbossa decise di congedarsi e optò per un giro nelle vie storiche del paese. Qui venne fermato da Otto. Implacabile come sempre Otto bersagliò il povero capitano di domande e domandine a riguardo di Sparrow. 
Sparrow non è qui con noi, è nello scrigno di Davy Jhones”. Il profondo rosso, però, parlava per Otto e strattonando e picchiettando riuscì a strappare una promessa al nefando Barbossa: “ Tu mi porterai Sparrow e quando lo vedrai riferiscili che sono in possesso di un biglietto valido per più giri di giostra, lui capirà. Promettimelo!”. 
Provato dall’energico incontro, lo sguardo barbossiano fu attratto da una particolare luce e da uno strano cappello.
 Merlino?” Cosa ci faceva Merlino in quel del Grande Blu?  Barbossa le corse incontro e la abbracciò, la salutò e la ribaciò. Si promisero di rincontrarsi al più presto per discutere di una nuova avventura. 
Scese la notte, cupa come solo l’oblio sapeva essere e la brezza serale portò sulle sabbiose spiagge, miracolati, i suoi compagni di viaggio Gig-Nikko, Pinguino e Giglipaf. Felici si abbracciarono e di corsa entrarono nel primo bar che trovarono. Risero per ogni non so che, e la gente di non so chi gridava non so cosa  su paesi di non so dove. Era un riso generale, ma ritmato, quasi accompagnato da non saprei. 
I quattro si intrattennero in città ad ascoltare le ultime novità in fatto di canzoni pirata. A Giglipaf balzò qualcosa alla mente e preso il capitano si diressero verso la nave ormeggiata al porto. A cose fatte, mentre facevano ritorno alla locanda per recuperare gli altri, ecco scorgersi in lontananza un guscio di noce, una piccola caravella, sulla quale stava un altro dei membri dell’equipaggio di Barbossa: il terribile Pussyotherside.
 A mano a mano che il piccolo veliero si avvicinava Giglipaf e Barbossa poterono scorgere altre due misteriose figure: Pippainbocca e sua sorella Sister
“Oh oh oh” dissero Giglipaf e Barbossa “caccia grossa!” 
In realtà se si fosse trattato di caccia grossa i fatti avrebbero preso una piega diversa, questa sarebbe stata un’altra storia e a noi che ce ne sarebbe venuto? 
Tutti insieme tornarono in paese tra negozi di vario tipo e locande zeppe di gente interessante. Alcuni di questi negozi distribuivano bonus di ogni forma e dimensione gridando slogan accattivanti contro la piaga sociale del tempo: Accettate Idonee Dopo Spasmi. 
“E chi sono io ber dire chi è Caino e chi è Abele?” anche il prode Barbossa se ne riempì le tasche chiedendosi cosa diavolo fossero questi bonus. Ben presto si rese conto del potere magico di tali strumenti  e si decise a provarli. Passeggiò qua e là osservando le vite altrui, pensando alla propria e gioendo per essa. Fu così che si ritrovò a vagabondare alla ricerca di quel che era rimasto della sua ciurma. Le strade di una piccola cittadina favoriscono gli incontri, anche ripetuti, tra le persone. Otto risbucò da chissà dove e prese con se il capitano. 
La musica si fece più frenetica, ogni locanda emetteva suoni sempre più ritmati. Tumtumtumtum, tumtumtum, tumtumtum! Barbossa cominciò a sentirsi gigante e guardò intorno a se per cercare di capire cosa gli stesse accadendo, ma le stradine del paese sembravano stringersi, i muri apparivano sempre più vicini e non era un impressione; si stavano facendo più vicini veramente. Tum. Spalle al muro. Bloccato. Otto l’aveva giocato. Il temibile Barbossa si era fatto fregare, era spalle al muro. Otto gli saltò addosso senza pensarci due volte e... 
Proprio in quel mentre giunse Fishman che lo salvò dalle grinfie di Otto. Svincolatosi dall’impiccio Barbossa proseguì la sua ricerca, ma questa volta a impedirgli di portarla a termine fu Merlino che inspiegabilmente gli si rivolse contro punendolo con un’orrenda maledizione: la cascata d’acqua. Un viaggio di un secondo che dura un’eternità, costretto a subire le fredde gelide acque di ogni singola cascata sulla faccia della Terra. Sconvolto e un po’ nel profondo rosso Barbossa decise di dirigersi alla sua nave dove si sarebbe sistemato e rilassato.
Il Grande Blu è proprio impegnativo!
Sistematosi, ma non ancora sazio di riposo, scorrazzò tra i velieri ormeggiati al porto. Uno dei punti deboli di capitan Barbossa è viaggiare con la mente e così fece. 
Soprappensiero si scontrò frontalmente con colei che si scoprì essere Pussyontheroad. Lo scontro fu fatale. Il giovane capitano solo nel profondo rosso incontrò una non ben identificata Pussyontheroad ventimila leghe sotto i mari. Ella era una famigerata ladra che con la scusa di rialzarsi, mise le mani nelle tasche barbossiane scoprendo i bonus. Non si trattava una sprovveduta, ella era a conoscenza del potere di quei piccoli tesori. Messo alle strette Barbossa decise di passare al contrattacco ed estratto furtivamente un bonus, nascosto precedentemente nello stivale, si impadronì di Pussyontheroad.
 Pussyontheroad scomparve tra i flutti marini lasciando nello sconcerto più totale, ma ugualmente soddisfatto, Barbossa
La storia ora si fa talmente spezzettata che non sarebbe possibile farne alcuna narrazione. Vi basti sapere che, tra l’impazzimento generale, tra le continue apparizioni di Giglipaf, Gig-Nikko, Pinguino, Morgan, Fishman, Pippainbocca, Pussyotherside, Sister e altri ancora, nel Grande Blu tutto è possibile.

venerdì, novembre 13, 2009

ToF/VoF

Non avevo mai avuto le allucinazioni prima di oggi e ho paura. Ho paura che tutto possa improvvisamente diventare una fantasia del mio cervello.
Le mie prime allucinazioni.
Fino a quel momento ho sempre pensato che averle sarebbe stata la mia fortuna, il mio biglietto d'ingresso per l'olimpo degli scrittori. Ora non ho nemmeno la forza di scrivere ciò che ho visto. Quelle immagini raccapriccianti, le grida, le risa, le ombre e le voci. Ho paura. La febbre saliva e sudavo freddo comllòòàùù

àsòààls jkas aa



"Diario di un allucinato"