Che ci crediate o no, io scrivo a penna.
Preferisco le penne a sfera, di plastica, con inchiostro nero, dal design accattivante fintamente ergonomico. Quelle delle banche. Quelle che ti vengono consegnate a inizio anno insieme al pratico calendario portatile e a una ingombrante agenda che sei costretto ad accettare spronato dall’ammiccante sorriso dell’impiegata. La scollatura sovrasta le parole. Sorridi, paghi, prendi i gadget : “... gentilmente offerti dalla nostra banca che pensa solo ed esclusivamente al suo bene.” Lei sorride, questa vola più di seno.
Esco dalla sede centrale e mi dirigo alla macchina; il tempo è decisamente contrario al mio malumore e il sole si prende le attenzioni di tutti in un cristallino cielo di una domenica di gennaio.
A casa la mamma ha preparato il pranzo abbondante che imbandisce due volte al mese. É il pranzo della partenza. Tra poche ore ho il treno che mi porterà lontano da queste mura e da questo paese di montagna. Casa che non sento più come mia. Paese che mi riversa addosso gli insuccessi dei miei passati amori.