Personalmente non mi fiderei di un uomo col cappello che si aggira barcollando tra le vie della propria città

martedì, dicembre 04, 2012

Polpetta


Sulla carta risulta tutto molto più semplice.
Ero deciso. Ero fermamente convinto e le parole che ho usato per scrivere quelle lettere sono state pesate al carattere. Non credo che chi di dovere le abbia ancora lette, ma se così fosse il tempo che mi rimane è veramente poco. 
La decisione l’ho presa già mesi fa quando il peso delle mie azioni ha definitivamente schiacciato le mie ossa. Da quel momento mi sono trascinato giorno dopo giorno lungo le vie della mia città, tra la gente del mio paese, nella natura del mio mondo come melma viscida e putrefatta.
Sento di doverlo fare, che è la sola cosa che possa fare per mettere fine a questo scempio. Una sconfitta va ammessa, di una disfatta se ne deve prendere atto.

Ho passato i giorni seguenti a assimilare gli errori, a pesarli con la bilancia dell’esistenza e a escogitare un modo per stare bene con me stesso.
Tutto quello che mi circondava si muoveva senza sosta imperterrito e ignaro del suo moto; tutto quello per cui ho lottato mi guardava in attesa di un mio ordine e è rimasto col fiato sospeso e il battito rallentato per settimane.
Tutti dicono che respirare sia una cosa così naturale da non rendersi conto della complessità del movimento e di quanto sforzo e energia richieda. Provate a respirare nella condizione di melma in putrefazione. La fatica e lo sforzo risultano spossanti e questa mancanza di energie chiede il conto alla vita che ti rimane. Giorni interi dal tuo personale calendario vengono strappati senza troppo rigore. Sono giorni perduti per sempre. Non li recupererai mai, nemmeno quando, nella remota ipotesi che questo sia possibile, tornerai solido pilastro vivente.
Quindi che fare? Boccheggi, ma non ti dai per vinto e ti attacchi a qualsiasi flebile speranza.
“Un lumicino!”
“Dove?”
“Laggiù!”
“Presto inseguiamolo!”
Funziona giusto l’attimo iniziale, quando la frenesia e l’eccitazione per la possibile via d’uscita celano drammaticamente la rarefazione dell’ossigeno e tu, melma in putrefazione, al secondo passo crolli a terra ancor più boccheggiante.
“L’abbiamo perso”
Questo è quello che succede nel migliore dei casi. Rimarrai lì a terra a boccheggiare fino a che non calerà l’eterno silenzio e giacerai esanime.
Il peggio è quando qualcuno viene in tuo soccorso e ti raccoglie, ti pone di tutta fretta, ma con tatto, in un barattolo di vetro lasciando a terra qualche pezzo. Come se si potesse realmente rimettere insieme un corpo-melma in putrefazione tralasciando dei tasselli in giro. Tu te ne freghi perchè per un po’ ti senti solido, hai una forma e il mondo da quel barattolo di vetro sembra più colorato, meno pericoloso. Ti senti sicuro. Azzarderei vivo.
Quante balle può reggere il nostro cuore? La mia modesta opinione è nessuna. Con noi stessi dobbiamo essere sinceri e forse se si è fortunati la nostra vita potrà aspirare alla longevità e alla felicità.
Fare le cose di fretta non è mai corretto. Eccolo che inciampa e crash! Vetro in frantumi e tutto da capo. Boccheggio compreso. Ora i tuoi pezzi sono schizzati un po’ ovunque, cosa che renderà ancor più difficile una tua ricomposizione. Insomma il tuo destino è segnato. Ti rassegni e come per magia accetti la tua condizione. Sai precisamente cosa devi fare e ti organizzi perchè infondo devi preparare tutti alla novità.
L’accettazione è fantastica. Porta la tua essenza di melma in putrefazione a un catorcio di uomo zombificato, ma con uno scopo.
Quindi eccomi qui, zombi vivo e deciso.
Un passo ancora e mi libro in volo. Trecento piani per pensare alla mia vita e piangere una  lacrima di felicità, a me non importerà più nulla, lascio il problema ai vivi. Un solo passo.
“Uno”

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