Personalmente non mi fiderei di un uomo col cappello che si aggira barcollando tra le vie della propria città

mercoledì, dicembre 26, 2012

LaMarina


Oggi ho conosciuto “La Marina” o meglio LaMarina, tutto attaccato e tutto d’un fiato. La Marina l’ho conosciuta alla fine di questo 2012, anno tutto incasinato, e me ne sono innamorato. La sua faccia ha l’espressione di chi nella vita non ha avuto nulla, nemmeno un po’ di riconoscimento, che probabilmente nemmeno cercava. LaMarina ha gli occhi di chi sa chi è, lucidi di malinconia per non essere libera ovunque. LaMarina l’ho conosciuta ventiquattro anni dopo la sua morte. Per me non è stata nessuno fino a quando su di una rivista locale ne hanno omaggiato il ricordo. Quanto era bella LaMarina? Alta, magra, con le gonne lunghe e le gambe slanciate, il sorriso in volto e una carrozzina con le sue bambole e i suoi animali. 

Alcuni si ricordano di un cane, altri parlano di gatti e così tra una voce e l’altra LaMarina si trasforma diventando leggenda e a tutti quelli che se la ricordano compare un leggero sorriso malinconico. LaMarina ci ha fatto un regalo. A cascata, come quando un bambino apre un vecchio e polveroso baule e ne estrae senza nemmeno guardare tutto quello che trova, così dalla mente dei più escono a fiumi i ricordi e gli aneddoti su LaMarina. Ma chi era LaMarina? LaMarina è stata uomo tra gli uomini, emarginata tra gli uomini, fantasma tra gli uomini, ricordo tra gli angeli e leggenda per chi come me la vive sulle labbra di altri.
È stata Enrico Ferrari dal lontano 1914 fino all’età di 36 anni quando si è compiuto quel cambiamento interiore e esteriore che ha portato a tutti noi la semplicità de LaMarina. Un cambiamento sessuale che non voleva nascondere perchè Lei era sicura che da nascondere non ci fosse nulla, ma la sua silente e pacifica rivoluzione si dovette scontrare con un tempo in cui tutto ciò che era diverso era considerato spregevole, malato, e da emarginare. Viene così internata in manicomio a Volterra dal ‘50 al ‘63 e nel ’61 cancellata dagli elenchi anagrafici. Passa il resto della sua vita in una roulotte e per le vie del paese spingendo la sua carrozzina per sentirsi libera di essere se stessa e per gridare silenziosamente che ognuno di noi deve avere la libertà di essere quel che si sente. Ora LaMarina è benvoluta e la sua leggenda vive libera e felice in questa “Busa”, ma sono sicuro che tutta questa spensieratezza non fu suo privilegio viverla. Prese in giro e maltrattamenti non mancarono anche se Lei mai si arrese e sempre lottò per essere LaMarina. Oggi, però, per me LaMarina è stata qualcosa di più di una leggenda; è stata la chiava di un mondo a me sconosciuto e ormai vivo nei ricordi di pochi fortunati. 
Sto pranzando e mi ricordo dell’articolo su LaMarina e ne faccio menzione ai tre “anziani” commensali e che ti succede?  Magia. Pura e semplice. Dai ricordi vividi su questa magnifica persona si aprono le porte a decine di altri personaggi tanto emarginati quanto gloriosi, e le strade del paese cominciano a pullulare di giovanotti in calzoncini rattoppati che rubano ciliegie sfuggendo a fucilate caricate a sale, di ubriaconi molesti e pericolosi e di quelli dal cuore d’oro. Di donne lacerate dal dolore e pronte a dare una mano sempre e comunque. La vita di un popolo entra in questa stanza e non posso che commuovermi per un mondo che non ci sarà mai più e che nessuno vuole ricordare, ma non per cattiveria, ma perchè l’oggi sovrasta lo ieri con il suo grasso purulento e viziato, generato da un mondo consumistico in cui tutto è vecchio prima ancora di essere nuovo. Non facciamo a tempo a ricordare e immagazzinare un fatto come “passato” perchè le novità sono le fondamenta su cui costruire il futuro. Un futuro così precario e instabile che è destinato a collassare. Stiamo gettando al vento tanta ricchezza data da un sapere collettivo su cui davvero possiamo fondare qualcosa e ci meravigliamo di non vedere un futuro. Siamo noi stessi a scavarci la fossa. Non ci interroghiamo su un passato che ci appartiene più di quanto ci appartengano le nostre cianfrusaglie e non sappiamo chi siamo perchè non sappiamo chi eravamo. I soli in grado di poterci salvare siamo noi stessi, ma viviamo prigionieri di paure che ci sono state gettate addosso per renderci innocui.
Il passato che ci è stato fatto dimenticare è un passato nostalgico i cui ricordi, per chi ha la fortuna di averne, oggi lasciano un sorriso, ma è anche un passato brutto in cui le malattie, la povertà e mille altre problematiche erano molto più pesanti. Ma perchè dimenticarsene? Roberto Benigni ha spiegato molto bene questo concetto nella prima puntata del suo programma sulla Costituzione. Certi fatti possiamo dimenticarli solo se li abbiamo fatti nostri. Non si possono buttare via senza sapere che cosa sono stati.
Penso questo mentre mi viene raccontato come le ragazze andavano in vespa non a cavalcioni, ma con le gambe di lato perchè portavano la gonna. E quindi? Quindi sedersi a cavalcioni con una gonna oltre che scomodo era di “cattivo gusto”. “ Ma perchè non mettere i pantaloni?” domando stupidamente. Risposta: “Perchè i era deti sora” Le donne con i pantaloni erano mal viste e emarginate dai baldi giovani dell’epoca. Perchè dimenticare questo?
Perchè dimenticare case diroccate, macchine per fare le pannocchie, quintali di letame, pantegane a ruota libera, palloni rubati, macchie di sangue lasciate sui muri dagli ubriachi di ritorno a casa a tarda notte, ecc.
Quel mondo è vostro e mio e grazie a LaMarina cercherò di non perderlo per quanto possibile. Forse a poco a poco la storia diverrà leggenda, ma è in essa che si cela sempre un fondo di verità e su quella verità, solida e sincera, voglio fondare il mio futuro.

Link articolo su LaMarina: http://www.labusa.info/flip/novembre12/      Pagine 20-23

3 commenti:

  1. Ci sono poche altre fonti di arricchimento paragonabili all'incontrare dal proprio un altro mondo.

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  2. Bel racconto attuale, molta gente si dimentica spesso che certe problematiche le hanno vissute anche altre persone in epoche più difficili e meno comprensive della nostra: il risultato è che oggi bene o male si vive, in epoche diverse, ti trattavano come un diverso, un pazzo...

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    1. Grazie del commento Luisa. É proprio così! Passa ancora da questo piccolo antro. A presto!

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