Personalmente non mi fiderei di un uomo col cappello che si aggira barcollando tra le vie della propria città

domenica, novembre 29, 2009

Capitolo 1: Necessità dalle quali fuggire

Giorgio. Così mi chiamo. Sono quello che il mondo odierno definisce un tardo adolescente, un fannullone, il futuro del nostro tempo, una risorsa su cui investire, un lavativo, un eccentrico, un pecorone che segue il suo gregge, un uomo senza spina dorsale che gongola coricato sugli allori, un reazionario, un ignorante, uno lettore incostante, un divoratore di musica (quella buona) e la mia preferita: “ Sei uno stupido errore. Sei il frutto di un preservativo bucato” Mia madre non scherza in fatto di insulti. Cé da dire che non erano pensieri ponderati e calcolati, ma semplici aggettivazioni sparate a mille per chiudere il discorso velocemente e da vincitrice; almeno lo credeva. Se non ricordo male quella volta la feci incazzare perchè ritornato a casa da scuola dove avevo collezionato l’ennesimo quattro, mi ero deciso a psicanalizzare la sua nuova acconciatura della quale, e mi sembra banale dirlo, andava fottutamente fiera. Le dissi la verità e cioè che il nuovo taglio non nascondeva affatto il suo essere una donna triste e frustrata, cosa per l’appunto vera, ma ne esaltava talmente tanto la gravità che se fosse scesa in strada a tarda sera e per caso si fosse decisa a fumare una sigaretta al lume del lampione, non sarebbero passati molti minuti che qualche principe azzurro on the road cercasse di caricarsela in macchina. Come sopra, non la prese bene.
Lo stato di mia madre lo potremmo pure definire psicotropo. Vive per star male e questo star male la fa stare male realmente in un circolo senza fine.
Ho un amico con un problema simile, lo chiamiamo Ciccio Bastardo. Non è bastardo, è solo ciccio, ma da fan di Austen Power quale sono, quello fu il primo nome che mi venne in mente. Ciccio, CB per gli amici, è perennemente triste e per questo mangia e ingrassa cosa che lo rende triste. Ogni tanto cerco di dirle, a mia madre non a Ciccio, che il suo problema è mentale che si porta appresso una tristezza giovanile, o che so io, che la chiude a riccio nel suo dolore e facendosi scudo di esso riceve delle attenzioni che probabilmente le sono mancate o le mancano. Purtroppo per tutti un coltello ferisce più delle parole così mi vidi costretto a scappare di casa evitando il set completo di coltelli dello chef Toni.  
La sua delusione di donna non credo venga da quello che comunemente viene definito mio padre seppure non riesca a capire come facciano a stare insieme a ventidue anni dal fatale sì. A modo loro si amano, ma ho visto mantidi religiose dimostrare più affetto.
Niente fratelli. Ho un cane: Penny, la mia sorellina. Niente sorelle se vi fosse venuto il dubbio. Mia sorella è un Fox terrier pelo corto e all’anagrafe canina risulta scritta col nome di Penelope. Per ovvie ragioni si è rifiutata di apprenderlo e dopo mesi di intensa frustrazione che definirei reciproca, si è scesi a patti stipulando Penny come ultima offerta.
Ho sempre fatto notare, anche quando non mi veniva chiesto, di aver scelto io quel cane e di aver lasciato l’onore del nome a mia madre.
Posso leggere nelle vostre menti un certo dubbio amletico che vi attanaglia e che molto probabilmente se non vi venisse svelato vi rovinerebbe il sonno quindi no, il vecchio cé, è ancora tra noi e vive con me e mia madre. So che a volte parlo così freneticamente e velocemente che ai più possono sfuggire particolari importanti e per chiarezza ripeterò che il vecchio, mio padre, alloggia ancora con noi. Loro non hanno problemi, l’ho già detto; si amano.
Lui, comunque, è quello che porta a casa la pagnotta più sostanziosa. Fa qualche cosa che ha a che fare con le vendite di prodotti che non sono suoi, ma che in sostanza è come se lo fossero. E’ un lavoro che credo gli piaccia più di qualsiasi altra cosa. Come padre è un buon padre e nel suo lavoro è imbattibile. Gli sotterrerà tutti quegli stronzi. 
Gli stronzi sono quelli che mi piace definire tali perchè sparlano, camuffano, rubano agli altri, si bulleggiano della propria posizione e non capiscono il potenziale di mio padre. Sono una categoria vastissima di persone e più o meno spaziano dai suoi genitori, in primis la madre alias mia nonna, fino ai datori di lavoro e colleghi, nonché soci. 
Io lo definisco un genio del mercato. Essere i migliori nel proprio campo comporta anche svantaggi non indifferenti come la sua sveglia che puntuale suona ogni mattina alle cinque. Rivedrà il letto alle undici e mezza di notte. A giorni anche all’una. Nonostante tutto  ho sempre pensato che fosse un padre presente e forse ne dovrei fare una accurata rivalutazione, ma la mia stima nei suo confronti mi acceca.
Sono uno studente, non lavoro e per come stanno andando le cose è probabile che non lavorerò mai; non in Italia almeno. Faccio l’università. Dove, da quando, che corso e perchè non sono cose che vi devono interessare. Forse vi sembrerò un po’ arrogante e a tratti sfacciato, ma sono qui per scoprire insieme a voi chi sono. Qui, che più precisamente è un bar molto carino con i muri colorati di giallo ocra e le sedie e i tavoli di un verde acceso. Qui che per l’esattezza è il mio mondo e che come tale non riesco a decifrare e voglio ragionare su i nodi di questa matassa ingarbugliata per trovare qualche cosa che mi possa spiegare la mia ragione di vivere. Posso sembrare emotivamente forte, ma nascondo un giovane in piena crisi di valori. Noi non siamo noi e quello che facciamo, le scelte che prendiamo non ci competono in prima persona, ma sono il frutto di influenze passate che si compenetrano e che determinano il nostro essere attuale. Essere attuale che è in continua mutazione e con il quale non siamo in grado di reggere il passo dei cambiamenti. Ci troviamo allora stravolti dagli eventi e dalle nostre stesse scelte che inizialmente ci hanno soddisfatto e resi felici e che ora pretendono il prezzo del biglietto. Siamo uno spettacolo a pagamento, siamo le bestie del circo, la punta di diamante dello show e come tale sfruttati e sottopagati.
Ecco la mia cioccolata calda, fumante, al gusto di arancia e cannella.
Ho scelto questo bar dopo circa tre ore che camminavo per le vie della città. Tre ore nelle quali mi sono divertito a osservare la gente, il loro correre frenetico alla ricerca dei primi regali natalizi, i bambini che strattonavano i genitori portandoseli a spasso come se questi fossero i cani e loro i padroni, ho ascoltato i suonatori di strada, violinisti, chitarristi e quelli con le fisarmoniche. Ho appreso la loro gioia e il loro dolore, la tristezza della vita che hanno vissuto e la speranza che un giorno possa cambiare. 
Mi sono immerso in quel fiume di gente che correva all’impazzata di qua e di là e che parlava e parlava e mi sentivo vivo. Poi, di colpo ne ho avuto a sufficienza e ho cercato un bar nel quale rinchiudermi e leggere un po’. Cercare un bar libero è stata un’impresa più ardua di quel che mi aspettassi, ma alla fine l’ho trovato ed ora mi gusto la pace di questo antro fuori dal mondo. Nella stanza con me ci sono due ragazze e un ragazzo tutti presi a svolgere i loro affari. Ho ordinato una cioccolata alla cameriera che tanto gentilmente mi ha proposto la vasta scelta di cioccolate calde. 
“Arancia e cannella.”
“Ottima scelta”
“Grazie” e sorrisino compiacente.
Non riesco a capire come mai abbia costante bisogno delle persone e poi debba fuggire da loro e stare con me stesso o pochi intimi sconosciuti. Mi capita spesso; il nostro è un rapporto di amore e odio. 
Non sopporto molte cose delle persone, o per lo meno di quelle della mia epoca, come la loro continua necessità di ispirarsi a qualcuno e usarlo come stampino con il quale plasmare la loro personalità. Non abbiamo una personalità che si basa sulla nostra volontà; come ve lo devo dire?
Per questi motivi odio i super eroi nonostante quotidianamente implora inutilmente chicchessia per avere alcuni dei loro superpoteri, e senza delusione mi consolo con l'ingegno. La mente umana è in grado di sopperire alle carenze del fisico e dei sogni. La mente umana è la speranza dei bassi fondi del mondo per bene che a poco a poco sta scomparendo sotto i nostri piedi. Una delle cose che maggiormente non digerisco del comportamento degli eroi è la loro voglia inesauribile di fare del bene a persone che, spesso, non se lo sarebbero meritate. Inoltre è odioso il fatto che l'opinione pubblica tralasci l'importante e per loro sottovalutabile concetto che il salvato è un criminale e ci si fa beffa di tutto questo festeggiando il miracolo e l'incredibile fortuna di avere un supereroe. Morale: il loro è solo egoismo. Sono felici per loro stessi perchè domani, ancora una volta non moriranno lasciando il fato a bocca asciutta.

Nel prossimo capitolo: Amore e Odio

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