Facile per lui, lì, appeso alla parete, con la sola fatica di indicare, e nemmeno a voce, in quale giorno della vita poggio piede. 18 novembre. Mi sorride con quell’aria saccente che solo un calendario può avere, sicuro di non sbagliare mai. Quanta arroganza e sprezzo della condizione umana.
“Siamo uomini! - ... - “Noi siamo uomini” Ogni tanto glielo grido. Lui, imperterrito e inamovibile, nemmeno si degna di fare spallucce. Non si abbassa a tanto. Guarda dritto davanti a sé con la sicurezza e la fermezza che solo il tempo gli può dare. Per ora.
Io, però, so. Sono a conoscenza della vecchiaia del tempo, del suo veloce e inarrestabile moto. Sono destinato a sopravvivere al mio calendario.
Ancora un mese e qualche settimana, poi morirà. Io no, forse.