Personalmente non mi fiderei di un uomo col cappello che si aggira barcollando tra le vie della propria città

mercoledì, febbraio 16, 2011

Non è tempo di Carpe diem

La vita si vive giorno per giorno. 
Vivi l’oggi. 
O, “Carpe diem”.
Orazio nelle Odi scrive una tra le massime latine più famose al mondo, ripresa da decine di scrittori di tutte le epoche. Sottolinea la necessità dell’uomo di vivere il presente senza pensare al futuro, che non gli è dato conoscere. Il verso completo recita: “Dum loquimur fugerit invida/ aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.” che si può tradurre: “Mentre parliamo, il tempo invidioso sarà fuggito: Cogli il giorno, confidando il meno possibile nel domani”. Evidente la volontà dell’autore di mostrare l’impossibilità per l’uomo di leggere il futuro (tempo verbale inesistente in latino), ma una attenta analisi svela una sfiducia in quello che potrà avvenire e ci sollecita a non fare affidamento sul domani.
Leggo i giornali e vedo il governo perire lentamente agitandosi in modo convulso proprio come le vittime che stanno per soffocare. Il colpevole non è certo una inesistente opposizione quanto, invece, la seconda faccia della propria medaglia. 

I numerosi passi falsi del nostro Primo Ministro lo stanno lentamente distruggendo. Come un animale in trappola che odora la propria fine da’ il meglio di sé in un ultimo disperato tentativo di salvezza. Non sarebbe la prima volta che, messo alle strette, il Piccolo Presidente, con un estremo colpo di pinna caudale, sfugge alle “rosse” fauci del predatore di turno, ma quelle volte aveva avuto il tempo di ordire un subdolo piano segreto basato sulla più antica delle pratiche furfantesche: il cambio di regole. Se in una qualsiasi partita a pochi minuti dalla fine il regolamento del gioco muta, allora si può far vincere colui che fino a quel momento dominava le fila dei perdenti.
Vedo il Piccolo Presidente lanciare disperate grida di allarme e non posso non pensare a quel che accadrà. 
Chi?
La mia vena cinica pulsa e alimenta un malcontento odierno che sfocia in una grigia prospettiva futura. La coalizione e il leader che seguiranno questo evento storico non saranno in grado di risollevare le sorti di questo paese che necessita, in primis, di una bella svecchiata e in secondo luogo di una seria serie di riforme che stabiliscano le vere forze del paese: istruzione e ricerca. Con queste premesse si può pensare al futuro.
Il nostro stato versa in condizioni critiche, è vecchio, appesantito da un enorme debito pubblico e rallentato da una burocrazia inutile e vessatrice. 
Guardo all’oggi e prendo quel che posso. Nelle mie mani nulla, né la speranza di un futuro, né un’idea capace di animare il mio giovane animo, spento come quello di un anziano. Mi trovo a commentare il passato e i ricordi. 
I consigli arrivano dal fronte Grillo che ad Annozero carica i giovani di un pesante ultimatum: O rivoluzione (con il movimento 5 stelle) o fare gli zaini e scappare. 
Lo zaino lo si può anche preparare, ma dove andare? L’oriente è in continua avanzata con la Cina che da poco ha scavalcato il Giappone diventando la prima potenza dell’est. Ci trasferissimo lì il contratto di Mirafiori ci sembrerebbe il paradiso.
Volgiamo lo sguardo al medioriente dove le acque turbolenti della rivoluzione stanno agitando il territorio. Difficile dare un parere fintanto che l’acqua è torbida e chi mi garantisce che non ci saranno altri colpi di mano? L’esercito manterrà la parola data?
Gli Stati Uniti vittima, come Narciso, di se stessi, del loro compiacersi e del loro consumismo sfrenato, guardano al resto del mondo timorosi di crollare con un soffio, come un castello di carte, perchè dietro la loro potenza si cela una pesante crisi. 
Sospette sono le restanti nazioni, vittime dei giochi degli stati “potenti”.
Suona la campana della rivoluzione e ci mettiamo in coda pronti a sovvertire questo stato, ma una vera rivoluzione deve partire da un’idea, un’idea condivisa da tutti e che permetta il nascere e il dilagarsi della democrazia. Quell’idea deve essere un virus che si propaga a macchia d’olio e a ritmo esponenziale. La rivoluzione di oggi, le rivoluzioni di oggi, sono il frutto della disperazione, della ansiosa voglia di cambiare, di voltare pagina, senza però prendere atto di ciò che si è e di dove si vuole arrivare. 
Uno sguardo al futuro, forse, va dato, almeno una sbirciatina, così da poter sapere cosa potrebbe accadere se non si cambiano le cose o se le si cambia in malo modo. Uno sguardo fugace, generale che ci possa dare una sfocata sicurezza (e non la certezza) che l’oggi ce lo si possa godere.

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